Cacciari Massimo - 2014 - Labirinto filosofico by Cacciari Massimo

Cacciari Massimo - 2014 - Labirinto filosofico by Cacciari Massimo

autore:Cacciari Massimo [Cacciari Massimo]
La lingua: ita
Format: epub, mobi
Tags: General, Philosophy
ISBN: 9788845973727
Google: xIRdAwAAQBAJ
Amazon: B00JODLMYW
editore: Adelphi
pubblicato: 2014-04-14T20:00:00+00:00


6.2. De anima  Nulla si comprende se non si inizia ancora dalla concretezza vissuta del thaûma. Qui davvero esso si dà nel timbro dell’angustia del domandare: tutto muore? Tutto ciò che vive appare animato – ma ciò non sarebbe alla fine che caduca apparenza? Mortale lo stesso principio che dà vita? Può psyché, il principio stesso che tutto anima, essere destinato al suo contrario? Questo coappartenersi di morte e vita non sembra violare gli stessi fondamenti del nostro pensiero? E, prima ancora, non compie l’uomo reali esperienze di una sua propria psyché, differente da quella universale che tiene in vita gli enti, e alla quale, certo, tuttavia egli anche partecipa? Sono segni di questo l’orfica memoria, di cui è traccia ovunque in Platone, la divinazione, ma anche le altre maníai e in genere ogni stato entusiastico (che Aristotele analizza, al pari di qualsiasi altra condizione del vivente, ben lungi dal condannarlo: basti leggere Etica eudemia, 1248 a-b). Ma è proprio sull’essere animale dotato di lógos che l’attenzione è destinata a concentrarsi. Ciò che ci rende capaci di indagare Physis, e penetrando in essa indagare noi stessi, sembra qualcosa di troppo singolare per poter essere spiegato sulla base dello spirito che tutto pervade, a tutti comune. I princìpi stessi che questa facoltà giunge a intuire, la loro universalità e necessità, non sembrano fare segno all’immortalità dell’agente che ne dispone? Potrebbe un fattore soltanto sensibile, quella sola dimensione della psyché che avvertiamo coi sensi, essere il fondamento del nostro theoreîn? Eppure anche tale psyché sembra si debba concepire come immortale; nulla vivrebbe, infatti, se venisse meno. Ma i corpi che fa vivere sono mortali. Tuttavia questi corpi finiti pensano l’infinito, contemplano idee immortali. Dunque, in loro l’universale psyché si dà in una forma che attiene all’immortale. Questa forma è ciò che rende possibile il pensare, la sua condizione o presupposto: noûs. Noûs chiamiamo la forma in cui l’onnipotente psyché si caratterizza nell’esserci dell’uomo e sembra renderne l’anima immortale. Ma tutta? Anche quelle parti o funzioni che sono in noi affatto simili a quelle di altri animali? O immortale è il noûs soltanto? È esso il nostro proprio respirare (dalla radice an- di anima e vento si formano in sanscrito le voci indicanti il respirare. Assumere la sostanza che ci dà vita è inizio del conoscere, origine immanente in ogni suo atto: ciò appare chiarissimo nella prossimità tra gígnomai, gigno e gignósko); è la nostra anima che dovrà allora avere un destino immortale. Dove mai, però, essa si manifesta separata dalla vita del corpo che psyché nutre, ma che anche, a un punto per cui non vi è rimedio, abbandona? Potremmo argomentare che sia psyché che noûs siano princìpi in sé necessari e immortali, che agiscono diversamente sulla vita dell’uomo, ma che questa, sotto nessun riguardo, rendono partecipe della propria immortalità. Allora il carattere necessario che attribuiamo ai princìpi del nostro lógos non avrebbe alcuna base ontologica, poiché nulla di necessario sussisterebbe nella nostra natura. Non verranno investiti, di conseguenza, questi stessi princìpi,



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